martedì 19 luglio 2016

FRATTURA fisaria da avulsione

CASO CLINICO:
TRATTAMENTO DI UNA FRATTURA DA AVULSIONE FISARIA DELLA TUBEROSITA DELLA CRESTA TIBIALE
armony cn amstaff a.b.t. 5 mesi 10 kg
stabilizzazione mediante posizionamento di vite da corticale del 2.7 direzione prossimo-distale cranio-caudale mediante accesso cranio-mediale alla tuberosita tibiale; il posizionamento a compressione della vite aveva come obbiettivo l'epifisiodesi parziale craniale tibiale prossimale e il blocco parziale della fisi prossimale della tuberosita della cresta tibiale; 

SCOPO: correggere il TPA e favorire contemporaneamente l'avanzamento della tuberosita tibiale in modo da prevenire la rottura del LCA.

RISULTATI: 
TPA nessuna differenza significativa rispetto al controlaterale
TTA 94 ° rispetto ai 100 ° del controlaterale.
la vite e' stata rimossa dopo circa 50 gg
il controllo radiografico a 12 mesi ha confermato l avanzamento della tuberosita tibiale maggiore rispetto alla controlaterale sana.
Dr Tripicchio

NOZIONI INTRODUTTIVE DI BIOMECCANICA DEL GINOCCHIO
La rottura del legamento crociato craniale (LCCr) è una delle patologie ortopediche di più frequente riscontro clinico nella specie canina, in particolare in soggetti di taglia medio-grande e gigante, in cani in sovrappeso oppure molto attivi.
L’eziologia della rottura del LCCr è da considerarsi polifattoriale ove fattori traumatici, degenerativi, conformazionali, anatomici ed autoimmunitari, soli od associati, concorrono nel determinismo della malattia. La lesione del LCCr di più frequente riscontroclinico non è di natura traumatica ma di tipo progressivo-degenerativo come conseguenza di uno stress meccanico cronico che si esercita sul legamento stesso per azione di molteplici fattori che si estrinsecano in una spinta craniale della tibia per effetto del carico ponderale che porta a progressivo indebolimento, degenerazione, rottura parziale, e solo tardivamente a completa rottura.A seguito di questo particolare decorso ezio-patogenetico si assiste ad una progressiva perdita di stabilità articolare a cui consegue lo sviluppo di un’ artropatia degenerativa progressiva (DJD) e spesso di una secondaria lesione meniscale. 

Il trattamento deve essere volto al recupero della stabilità articolare, alla remissione della sintomatologia ed all’arresto dei secondari processi degenerativi articolari.
La comprensione del modello biomeccanico attivo del ginocchio, elaborata da Slocum nel 1983, ha evidenziato l’esistenza di una forza responsabile di uno stress costante e cronico a carico del legamento, cui consegue rottura parziale che diviene poi completa al progredire delle sollecitazioni. 
La forza in esame è la spinta tibiale craniale o “cranial tibial thrust” (CTT). 
A questa evoluzione del modello biomeccanico del ginocchio del cane da tradizionale o statico ad attivo, ne è conseguita inevitabilmente un’evoluzione nelle tecniche chirurgiche. 
Secondo questa impostazione biomeccanica la terapia chirurgica ottimale dovrebbe essere in grado di ristabilire l’equilibrio delle forze agenti sull’articolazione e di neutralizzare la spinta craniale della tibia. 
Alla luce di questo, risulta chiaro che la terapia chirurgica dovrebbe essere volta al controllo della spinta tibiale craniale, piuttosto che alla ricostruzione del LCCr o alla sostituzione delle sue funzioni. 
Se il CTT non viene neutralizzato, qualsiasi tipo di ricostruzione o di sostituzione del LCCr è destinato a fallire nel tempo, in quanto sottoposto alle stesse forze che hanno generato la lesione iniziale del LLCr. 
Secondo il modello biomeccanico teorico proposto da Slocum l’entità del CTT è direttamente proporzionale al grado di inclinazione del piatto tibiale (TPA).
Nonostante inizialmente tale ipotesi sia stata da più parti accolta con consenso, successivi studi non hanno dimostrato alcuna correlazione diretta tra inclinazione del piatto tibiale e rottura del LCCr (almeno per TPA considerati nei range fisiologici). 
La media del TPA, infatti, varia dai 18° ai 24° sia in cani clinicamente sani che affetti da rottura del LCCr. 
Secondo più recenti teorie biomeccaniche la tibia non è assialmente sottoposta al carico proposto da Slocum. 
Tepic suggerisce che la forza totale coinvolgente l’articolazione del ginocchio, sia diretta, in vivo, parallelamente al tendine tibio-rotuleo. Il CTT, in accordo con questo modello biomeccanico, è quindi dipendente dall’angolo compreso tra il piatto tibiale e il tendine tibio-rotuleo. 
Se il piatto tibiale non è perpendicolare al legamento patellare, la forza di taglio che si sviluppa durante il carico dell’arto sottopone ad uno stress eccessivo il legamento crociato craniale. 
A seguito di queste teorie biomeccaniche sono state elaborate metodiche chirurgiche che, modificando la geometria tibiale, permettono di ottenere una stabilità articolare dinamica in assenza di protesi legamentose. 
Attualmente le osteotomie che presentano la maggiore diffusione in ambito clinico sono la TPLO e l’avanzamento della tuberosità tibiale (TTA - Tibial Tuberosity Advancement ). 
La TPLO si pone l’obiettivo di stabilizzare ilginocchio durante il carico grazie alla neutralizzazione del CTT riducendo l’angolo di inclinazione del piatto tibiale. La TTA, per contro, ottiene la neutralizzazione del CTT mediante un avanzamento della cresta tibiale che porta il legamento tibio-rotuleo ad essere perpendicolare al piatto tibiale. 
Nonostante i differenti presupposti biomeccanici, il risultato finale di TPLO e TTA è simile: entrambe portano alla perpendicolarità tra tendine patellare e piatto tibiale. 
La biomeccanica di queste tecniche è stata validata mediante studi su cadaveri che hanno dimostrato la loro efficacia nell’eliminare il CTT durante il carico ponderale; questi studi hanno inoltre evidenziato che, a seguito di TPLO e TTA, si assiste alla conversione della spinta tibiale craniale in spinta tibiale caudale e che quindi il legamento crociato caudale (LCCd) diviene il principale elemento stabilizzante del ginocchio.

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